Chiesa di San Lorenzo Martire di Zogno
L’attuale parrocchiale di Zogno, intitolata a San Lorenzo Martire, sorge nella metà del XV secolo. Prima di allora due diverse chiese si erano succedute nel centro della Val Brembana: la più antica San Lorenzo “in salicis” – andata distrutta – e quella dedicata a Santa Maria edificata verso la fine del XIV secolo nel centro dell’abitato.La prima chiesa di San Lorenzo sorgeva nella parte bassa del paese, presso la riva del Brembo, e apparteneva al Capitolo della Cattedrale bergamasca di Sant’Alessandro Martire. Per questa ragione era retta da un beneficiale nominato dal Capitolo alessandrino, al cui sostentamento provvedevano il Comune di Zogno e il clero della Cattedrale.
Citata per la prima volta in un documento del 1144, l’antica San Lorenzo andò incontro a un lento degrado per le continue inondazioni del fiume Brembo, che distrusse definitivamente l’edificio il 31 agosto 1493. All’epoca della piena fatale sopravvivevano solo una cappella, un portico e il cimitero: la primitiva parrocchiale era già stata abbandonata, anche se non dimenticata dagli Zognesi, come testimoniano molti benefici testamentari dell’epoca.
L’aveva sostituita nella funzione di parrocchiale una chiesa dedicata a Santa Maria, sorta probabilmente alla fine del XIV secolo per opera degli Zognesi, senza alcun coinvolgimento del Capitolo. Questa chiesa, dedicata l’11 agosto 1472, per la sua vicinanza al paese divenne ben presto il centro della vita della comunità; era retta da un sacerdote eletto direttamente dai capifamiglia di Zogno.
Santa Maria svolse così la funzione di parrocchiale fino al 1488, quando venne ceduta al frati Serviti dalla comunità di Zogno. Il passaggio di proprietà della chiesa mariana non interruppe, ma al contrario stimolò la generosità degli Zognesi: solo grazie alla cessione di alcuni terreni e case adiacenti alla chiesa, infatti, fu possibile erigere il convento.
La costruzione di Santa Maria consentì quindi agli Zognesi di sottrarsi all’influenza del Capitolo della Cattedrale, influenza che andava sempre più stretta al paese della Val Brembana, ampliatosi fino a divenire uno dei centri più importanti della zona, oltre che sede del Vicariato della Valle Brembana inferiore.
E’ in questa situazione che si fa strada l’idea di costruire una nuova San Lorenzo, più ampia di Santa Maria, idea che ha già preso piede nel 1432, al punto che si nomina una Commissione per riscuotere crediti da destinare a questa fabbrica.
Sappiamo che nel 1436 sull’area destinata ad ospitare la nuova chiesa dedicata a San Lorenzo si trovano ancora solo i resti del castello di Zogno, distrutto nel 1420 da Giovanni Maria Visconti, poco prima che i Veneti occupassero la terra bergamasca, come sancito dalla pace di Ferrara del 1428.
E’ probabilmente la questione dell’area su cui edificare la chiesa il motivo che rallenta notevolmente i lavori.
Non pochi problemi deve aver creato anche l’opposizione di Venezia, che rivendicava diritti sulla proprietà dell’area, ereditata – attraverso le varie signorie che si erano succedute nei secoli – dal Comune di Bergamo, proprietario dal 1222.
La soluzione, anche se provvisoria, si presenta nel 1452, con la sconfitta di Venezia ad opera del Colleoni, che combatteva allora per il Duca di Milano. Sgombrato il campo dalle pretese veneziane, i lavori iniziano il 2 maggio di quello stesso anno, come ci informa la relazione fatta dal parroco in occasione della visita pastorale del 1699 del vescovo di Bergamo Luigi Ruzini. Nel 1453 sono però stati fatti pochi progressi, e in aprile si nomina un procuratore straordinario per il recupero dei crediti. Un anno più tardi, con la pace di Lodi, Venezia torna in possesso dell’area. L’edificio all’epoca ha già ospitato qualche adunanza generale del Consiglio comunale, segno che la costruzione è ormai avanzata. Venezia decide quindi di mettere all’incanto il terreno nel 1456. Ne prende possesso un certo Bono Gariboldi di Zogno, forse in qualità di rappresentante di un gruppo di suoi concittadini, che lo cede al Comune di Zogno con una donazione. La questione è ben lungi dall’essere risolta: i Comuni della Val Brembana Inferiore si appellano a Venezia nel 1458, perché non vogliono rinunciare al castello come sede dei Vicari della Valle, dove veniva amministrata la giustizia.
Le controversie in corso, comunque, non impedivano la prosecuzione dei lavori. Si sceglie di ricorrere ad un compromesso: il terreno dell’antico castello sarebbe rimasto al Comune di Zogno, destinato alla chiesa e alla sede della Confraternita della Misericordia, e si sarebbe reperita altrove la sede per i Vicari della Valle.
Nel 1458 la chiesa è già murata, coperta e funzionante, anche se non può dirsi completa. Cinque anni più tardi si provvede a decorare ed ornare l’interno, oltre che a realizzare il cimitero e il campanile.
Il collegamento con il centro dei paese viene realizzato grazie ad una scala in pietra, che sbucava in corrispondenza dell’attuale via dei Mille, arrivando nei pressi della torre trecentesca del castello, il futuro campanile; questa scala, bisognosa di riparazioni già nel 1512, verrà ricostruita tre anni più tardi. Passando dalla porta fortificata a mezzogiorno (di cui si conserva l’ampio fornice, ostruito dal terrapieno dell’attuale sagrato), si raggiungeva invece la porta antica “degli uomini”.
La consacrazione avviene solo il 10 agosto del 1472, lo stesso anno in cui vengono donati alla chiesa un calice quattrocentesco ed un pallio. A questi si aggiunsero dopo il 1480 un piviale in velluto granato di Venezia, con pianeta, tunicelle e paliotto. Il primo degli altari laterali, dedicato a San Sebastiano – che più tardi unirà nell’intitolazione anche San Rocco -, risale al 1473, mentre sono posteriori quelli di San Pietro e del Santissimo Sacramento. Nel 1506 si pensa a trasformare gli altari
laterali in cappelle, probabilmente anche su insistenza delle varie confraternite di Zogno. Erano queste ultime associazioni private di fedeli che esercitavano opere di pietà e di misericordia, anche se, dopo il 1400, tendono ad assomigliare molto a vere e proprie commissioni di beneficenza del Comune, che nominava suoi rappresentanti fra sindaci e amministratori.
Nel 1488 si fa strada nella comunità zognese l’idea di ospitare un convento in paese.
La prima richiesta in tal senso viene rivolta ai Francescani Minori, ma questi sono interessati solo alla nuova San Lorenzo. In un primo momento sembrava che le cose sarebbero effettivamente andate così, con la cessione della parrocchiale, che avrebbe comunque conservato titolo e funzione. Gli Zognesi però non potevano certo vedere di buon occhio la cessione della chiesa, la cui edificazione era costata loro tanta fatica; la cessione di S. Maria, invece, offriva anche il vantaggio di evitare eventuali controversie tra il parroco e l’Ordine.
Così Zogno si rivolge ai Serviti alla fine del settembre 1488. Questi accetteranno formalmente il 7 giugno del 1489. Le donazioni degli Zognesi destinate ad erigere il convento non si fanno desiderare, ma la fabbrica del convento stenta a partire, anche perché nel gennaio del 1490 la comunità, con il consenso dei rettori veneti, torna – come già aveva fatto in passato – a dividersi in due correnti separate. Tutto si risolve entro il maggio di quello stesso anno, e dagli accordi intercorsi fra le parti comprendiamo che la presenza dei Serviti doveva essere tutt’altro che pacifica.
Quanto al convento, la licenza vescovile di costruzione è datata 25 aprile 1495, ma dato che i Serviti sono presenti a Zogno già dal 1489, ospiti di una casa ricevuta in dono, possiamo presumere che la fabbrica inizia fra il 1492 e il 1493, e che la licenza si riferisca in effetti all’inizio della vita regolare.
Nel 1769 diventa evidente la necessità di un primo intervento al tetto, ma non si raggiunge un accordo fra gli Zognesi. 1 più vorrebbero conservare la copertura a capanna in legno, sostenuta da archi gotici in pietra nera e con i cassettoni a vista, mentre altri vorrebbero sostituirla con volte a botte e a tazze.
Nel frattempo viene invece realizzato il nuovo sagrato, abbandonando l’antica scalinata. Il materiale di demolizione viene riutilizzato per la nuova opera, per il coro e per il cimitero, posto a nord di San Lorenzo. Nel 1770 ci si lamenta che i lavori non procedono – si concluderanno un anno dopo -, ma si pensa già allo scalone che verrà effettivamente realizzato nel 1778.
Tutte le opere vengono finanziate con le offerte dei fedeli, senza alcuna spesa per il Comune di Zogno. La nuova scalinata in particolare, forse perché nelle intenzioni degli Zognesi doveva simboleggiare il collegamento fra la vita civile e quella religiosa della comunità, vede l’impegno e la generosità di tutta la comunità.
Prima di intervenire si devono però demolire alcune abitazioni che ostruiscono il passaggio. Si trasportano a spalla sabbia e sassi per le vie del paese, sia nei giorni feriali che in quelli festivi, e per consentire agli Zognesi di prestare la loro opera gratuitamente vengono sospese anche delle celebrazioni. Nel 1779 l’opera è terminata.
Nel 1775, mentre urge ancora la questione del tetto, si procede al restauro dell’abside, sfondando l’antica ed erigendone una nuova di forma semicircolare, che nel 1788 viene anche dotata di un coro ligneo, opera di Giuseppe Lazzaroni. I ventuno stalli, realizzati in noce locale, ben si adattano allo stile ormai neoclassico del presbiterio e dell’abside.
Una volta concluso anche questo intervento si procede alla decorazione interna. Enrico Albrici di Vilminore realizza gli affreschi del coro, posti ai lati della pala centrale, che mostrano San Lorenzo martire in gloria davanti alla Vergine (da notare che forse sotto questi dipinti si cela un altro affresco). A fianco troviamo i Santi patroni Marco e Marcelliano, opera di Vincenzo Orelli nel 1785. A destra vediamo ancora San Lorenzo diacono che accompagna papa Sisto II al martirio, e a sinistra il Patrono con i poveri.
La tazza del presbiterio ospiterà, sempre per mano dell’Albrici, San Lorenzo portato in gloria dagli angeli e i quattro pennacchi di sostegno alla tazza, con i Santi Agostino, Ambrogio, Gregorio Magno e Girolamo. Altre scene della vita del Patrono, poste alle pareti laterali del presbiterio, sono oggi scomparse per far posto all’organo (forse un Bossi, ma l’attribuzione pare dubbia) sulla destra e al finto organo sulla sinistra, sostituito ora da uno strumento autentico.
L’intervento al tetto viene deciso solo il 1 febbraio del 1795, sopraelevando la navata maggiore e coprendola con volte a botte, in continuità con lo stile del coro. Viene deputata a seguire i lavori una Commissione di sei persone, fra cui i due architetti don Giacomo Lazzaroni e don Giuseppe Damiani. L’opera, finanziata esclusivamente con le offerte dei fedeli, vede l’intera comunità coinvolta nelle decisioni da prendere.
Nel 1796 una riunione del Consiglio generale mette in luce gli ultimi dubbi sulle soluzioni da adottare: a questo proposito viene nominata una Commissione per scegliere i disegni definitivi, e si cercherà di riutilizzare il più possibile della struttura antica per risparmiare nelle spese, già eccessive.
Demoliti gli arconi in pietra nera e i corrispettivi contrafforti, di cui è rimasto solo quello incorporato dalla sopraelevazione della piccola sagrestia, si otturano le dieci monofore con contorni a tutto sesto in stile gotico delle pareti laterali e le due grandi monofore della facciata centrale con il grande rosone. Le pareti vengono innalzate e rinforzate all’interno dell’edificio con sei pilastroni che servono anche da sostegno alle due tazze, poste ad una altezza di 25 metri. In seguito a questi interventi la navata si restringe notevolmente.
Una volta murate le due porte antiche laterali posteriori “degli uomini”, la laterale “delle donne” a sud, e i due ingressi ai lati del principale, non resterà più alcuna traccia della struttura antica, fino all’intervento degli anni Settanta/Ottanta del nostro secolo che riporterà alla luce il paramento perimetrale a vista con le rispettive monofore.
Tutto viene terminato entro il 1798, ma a questo punto la sopraelevazione ha creato due nuovi problemi: la decorazione dell’interno e l’adeguamento del campanile. Quest’ultimo, dopo un primo e precedente intervento, era già stato sopraelevato di una decina di metri nel 1463, in seguito a seri danni causati da un fulmine.
La storia degli ultimi due secoli
Nel secolo scorso si concludono altri interventi di rilevo, gli ultimi prima dei recenti restauri. Nel 1847 si erigono i confessionali della parrocchiale e gli armadi della sagrestia, questi ultimi, opera dell’artigiano Negri di Zogno, datati 1686; quattro anni più tardi si realizza il vestibolo della sagrestia. L’attuale altare in marmo viene posato nel 1885, e sette anni più tardi si esegue la doratura della navata e del coro, oltre che delle tazze e degli altari laterali.
Nel 1900 vengono realizzate la nuova pavimentazione e la zoccolatura in marmo, lavori collaudati nel luglio del 1901.
Gli affreschi del presbiterio, grazie alla ripulitura del 1992, hanno riguadagnato l’aspetto originale, con l’eccezione del San Girolamo ridipinto a tempera nel 1951 da Umberto Marigliani. Lo stesso può dirsi per la tazza: tranne l’angelo a tempera del Marigliani – intervenuto a riparare i danni causati dalle infiltrazioni d’acqua – si sono conservati gli affreschi originari dell’Albrici. I nuovi problemi alla tazza manifestatisi nel 1978 spinsero ad intervenire, eliminando definitivamente le infiltrazioni dai tetti.